lunedì, dicembre 12, 2016

 

10 anni di Balloons - Il tempo di Andrea Grillenzoni

Tra i collaboratori passati sulle pagine di Balloons, Andrea Grillenzoni  (alias Grillo) è uno dei più folli, bizzarri e arguti. Forse uno strisciarolo mancato per pigrizia e poca applicazione, con un discreto talento per i testi giocosi e surreali. È un conoscitore titolato del mondo delle comic strip, alle quali ha dedicato una dottissima e corposa tesi di laurea.  È un piacere cogliere l’occasione del Decennale di Balloons per condividere una conversazione con lui. 

Il tempo di Andrea Grillenzoni

Ti dispiace se non ti chiamo Grillo durante la piccola conversazione? Lo so che il tuo diminutivo nel mondo del  fumetto nacque ben prima del Grillo politico, allora nessuno se lo filava e Cinque Stelle era una TV sgrausa. Ma lo sappiamo tu, io e pochi altri intimi.


D'accordo. Da un po' di tempo ho cominciato a firmarmi "Grillo quello non famoso" o "Grillo ma un altro tizio". Più che un soprannome è diventato una circonlocuzione.





Dieci anni di Balloons. Ma sono anche dieci anni dalla tua laurea nel 2006 in Scienze delle comunicazioni con una tesi in semiotica dal titolo "Semiosi a strisce: analisi delle comic strips" . Mica capperi, l’ho letta alcuni anni fa. Tra analisi raffinate e ardite esplorazioni, nelle righe accademiche c’era una dichiarazione d’amore pazzesca per il mondo delle strisce di fumetti. Che punto di partenza era per te quella tesi?


Un punto di partenza che mi ha portato lontano, tipo, dieci metri. Diciamo che era forse più un punto di arrivo o un punto e basta. Sapevo che non sarebbe stato un trampolino verso qualcosa, professionalmente parlando, ma solo un lavoro su un tema a me caro, a mio uso e consumo. La semiotica del testo mi aveva affascinato, lungo il percorso accademico, quindi ho provato ad abbinarla a un argomento che mi piace da sempre, il fumetto, in particolar modo nella sua declinazione a striscia umoristica. Quando il professore che sarebbe divenuto il mio relatore di tesi non ha opposto alcun dubbio, ho pensato avesse perso una scommessa.


Direi coraggioso, considerato che il pregiudizio nei confronti del fumetto è semantico. Comunque, solo la parola evoca l’idea di una cultura per eterni bambini. Il lavoro di quella tua tesi è molto sofisticato, ma davvero non ci fu nessun inarcamento di sopracciglia all'Università La Sapienza? Aggiungo: ti sembra in generale che la percezione nei confronti del fumetto e delle comic strip sia cambiata in questi anni?  
  

Ricordo che chiesi la tesi, quella tesi, al docente di Semiotica con la stessa fiducia con cui chiederesti un paio di jeans a una cernia. Il professore fu invece molto disponibile, pur facendomi presente che di materiale cui attingere non ce ne fosse molto, carenza che rendeva quel lavoro, di fatto, una tesi sperimentale. Ci sono studi semiotici a riguardo (Umberto Eco su tutti) ma che si concentrano prettamente sul fumetto tout court: quello specifico a strisce è rimasto un po' negletto. Comunque, come base di partenza, sono poi riuscito a recuperare contributi molto validi, collaborazione e appoggio dal mio relatore e neanche una pernacchia dalla commissione. 
Il pregiudizio di cui parli c'è e forse, giusto per buttarla impropriamente in linguistica, quel significato pregiudizievole si stringe pure a un significante macchiettistico, "fumetto", con quel suffisso diminutivo da Club dei Perdenti Ma Bravi Lo Stesso.
Cinema!, senti come è più aulico; probabilmente se dicessi che sono un esperto di "cinemetto" mi guadagnerei qualche occhiata di compassione e un paio di schiaffi indignati. Vedo nell'irrompere del termine "graphic novel", contro cui non ho niente ma che più che indicare un sottogenere di fumetto pare quasi voglia usurparne l'intera onomastica, un tentativo di ripulirsi e di presentarsi più adulti con nomi nuovi (ricordo che Gipi, in un'intervista a riguardo, rivendicò invece con orgoglio il fatto di realizzare "fumetti"). Ma penso che, per tornare alla tua domanda, questo tipo di fumetto stia riuscendo a presentarsi (giustamente) come qualcosa di altro da gioviale intrattenimento per gli infanti, forse anche perché alcuni di quegli infanti stanno crescendo senza smettere di leggere fumetti. Per le comic strip il discorso vale meno, in Italia hanno sempre avuto difficoltosa collocazione, scontrandosi con la tradizione peraltro nobilissima della vignetta satirica sui quotidiani, al contrario degli Stati Uniti. Tranne isolate eccezioni, scarsa presenza, quindi scarsa dimestichezza, quindi scarsa reputazione. Dubito che Doonesbury avrebbe mai potuto vincere l'equivalente di un Pulitzer da noi.


Non ci hai ancora raccontato che hai poi combinato in questi anni dopo quella laurea fumettistica. Immagino che quel mondo al quale hai dedicato tanta scienza, come un’amante ingrata, non ti abbia ricambiato. Disegni, scrivi, studi ancora? Di te abbiamo tracce su Facebook con la pagina Gattini Assassini Sudati dove ti diverti molto a fustigare webeti e analfabeti funzionali che pascolano sulle pagine di Zuckerberg.



Buongiornissimo! Prima di bere il mio KAFFEEE vorrei sapere CHI TI PACA”. 
Dopo la laurea ho fatto un po' di lavori tra cui il ninja, il cravattaro e la diagonale. Al momento lavoro per un'agenzia di concerti per la quale seguo i social network, faccio un po' di grafica e comunicazione e ogni tanto riesco a infilarci dentro un pizzico di fumetto (tipo nel 2015 nel Lucca Summer Festival ). E mi vedo un casino di concerti. AGGRATIS perché sono un POTERE FORTE, LA CASTA DI ME STESSO.
Ogni tanto disegno ancora, sempre malissimo, per coerenza. Sulla pagina che citi ho pubblicato roba d'archivio, materiale dell'Università, del liceo, delle medie, poi restavano le fototessera, due lastre e l'ecografia quindi ho dovuto riprendere a fare qualcosa di nuovo, di tanto in tanto, sempre guidato dalla forza che più di tutte ha contraddistinto la mia esistenza, la pigrizia. Sono riuscito a sviluppare questa formula: disegno minimo e una scritta, basta. Ma questo una volta alla settimana. Gli altri giorni solo la scritta.



Ecco, parliamo un momento del disegno, e veniamo a domande più cattive. Hai una scrittura effervescente, spesso piena di giochi e nonsense, hai idee, ti piacciono i fumetti e in particolare le strisce, perché non migliorare il disegno? Mai pensato di fare un po’ di apprendistato, magari anche un po’ da autodidatta? Magari giusto per arrivare a un disegno minimalista tipo Dilbert o Pearls Before Swine. Scott Adams e Stephan Pastis hanno una tecnica di disegno modestissima  -  ci ridono su anche loro -  ma molto coerente ed espressiva, sorretta da dialoghi micidiali. Anche perché spesso si vede in giro il contrario, strisce con un bel disegno rotondo e testi scialbi e insipidi. 


Dovevo scegliere, o imparavo a disegnare o diventavo il più grande domatore al mondo di dodo. E chi lo sapeva che quegli uccellacci fossero intolleranti all'estinzione, al momento era parsa la scelta più intelligente. Ogni tanto provo a disegnare per migliorarmi, ma faccio schifo, quindi mi arrabbio, quindi smetto di disegnare, quindi non miglioro. La volta dopo stesso circolo vizioso, una frustrazione che non ti dico e neanche un dodo su cui sfogarmi. Onestamente penso di non essere portato per il disegno, anzi, non credo di essere portato proprio per il fumetto ma continuo saltuariamente a farlo perché siamo animali irrazionali stupidi e compiamo scelte incomprensibili, siamo peggio dei dodo.




Passiamo allora a un paio di riflessioni partendo dalla tua pagina Gattini Assassini Sudati. Saltiamo la parte in cui ci diamo ragione sulla famosa affermazione di Umberto Eco: “il web ha dato diritto di parola a legioni di imbecilli”. D’accordo, non immaginavamo che ci fosse così tanta gente, e purtroppo anche vecchi amici, ossessionati dal complottismo, nemmeno che si potesse abboccare a bufale così esagerate. Neppure che ci fossero così tanti estimatori delle frasi da calendario di Frate Indovino. Ma non è fatica sprecata fare satira surreale di tutto ciò sullo stesso Facebook? Per definizione l’imbecille non ha consapevolezza. 
Però è soprattutto un’altra la riflessione che volevo proporti, da osservatore del mondo dei fumetti. In questi dieci anni l’aspetto più rilevante è stata la trasformazione del modo di comunicare, monopolizzato dalla bacheca di Facebook. Per un disegnatore di strisce, vignette, ecc, non è la morte civile vedere affogare le sue proposte nel marasma di idiozie delle bacheche, senza nessuna gerarchia (se non quella dei mi piace), alla pari degli sfoghi di qualunque cazzone? 


Prendere in giro Facebook da una pagina Facebook si porta dietro due idiosincrasie: la prima si riassume nell'accusa di ipocrisia per la quale posso anche dichiararmi colpevole, vostro onore (ma quindi non posso sbertucciare l'auto che mi sbanda davanti perché anch'io sono su un'auto?), la seconda è, come dici, che la satira venga disinnescata dalla non comprensione. La satira per definizione, che la si faccia bene o male, è una riflessione seconda, dice A ma intende B, richiede capacità di decodifica, social network o meno, on line od off line, quindi la questione si pone a monte. Nella mia satiretta amatoriale da due soldi, non è che mi concentri esclusivamente su Facebook. Spesso ne prendo in giro i tic ma solo perché è uno dei veicoli attraverso i quali, oggi, si esplica la socialità umana generale, il vero bersaglio. 
Riguardo la seconda domanda, il social network di Zuckerberg è straniante perché può metterti in fila il video del gattino che si scaccola, la testimonianza strappalacrime di un amico che ha appena perso un parente e un post complottista sui poteri forti dell'enigmistica. Registri diversi, gradi emotivi disparati, profondità totalmente dissimili, tutto frullato nello stesso bicchiere. "Anything goes", è la quintessenza del postmodernismo. Senza fare lo snob, non posso dire di essere un appassionato fruitore di Faceboook ma comprendo l'importanza imprescindibile dei social network. Io lo uso come canale (ho anche un blog a fumetti e uno misto testi/fumetti, giustamente ignorati) e se la mia chincaglieria si perde tra pappagallini che ruttano e cure omeopatiche per l'ambidestrismo, beh, le regole sono quelle.


Ultime riflessioni da osservatore e anche studioso del mondo delle comic strip. In questi dieci anni che cosa è cambiato? Quali sono le strisce che ora ti piacciono di più? Il declino di questo artigianato fumettistico nato sui quotidiani è inarrestabile? Che futuro avrà?  


Ma io che cacchio ne so (qui risponde l'osservatore). Non ci capisco nulla (qui risponde lo "studioso"). In dieci anni credo sia cambiato principalmente il mezzo, o meglio, quel cambiamento già in corso da tempo ha preso maggiormente corpo: ci sono molti webcomic che si esprimono in formato striscia. Online non c'è quel filtro che la carta (l'editore) opera, quindi quantità non significa necessariamente qualità ma ci sono fumetti davvero validi (e spesso, comunque, neanche la carta è una garanzia di eccellenza). Da amante dell'umorismo cattivo, apprezzo molto Cyanide & Happiness o Joan Cornellà (gli amici pedanti a casa faranno notare che, tecnicamente, si tratta spesso di tavole più che di strisce). Seguo da tempo anche Sinfest che negli anni ha cambiato atmosfere e registro, diventando più narrativa e meno scoppiettante, talvolta non convincendomi appieno, ma è disegnata benissimo e sempre meglio. Da lettore di Linus continuo a seguire, in particolare, l'insuperabile Dilbert, Doonesbury, Monty e Pearls Before Swine / Perle ai Porci che avevo scoperto sul sito del relativo Syndicate prima che sbarcasse in Italia (abitudine di consultazione e ricerca che ho un po' perso). Ogni tanto torno sui classici (Peanuts, B.C., Calvin & Hobbes...). Ci sono anche alcuni italiani che mi piacciono ma siccome sono un vigliacco che teme di dimenticarsi qualcuno non faccio nomi. 
La striscia sparirà? È da quando ti conosco che ti batti per la sopravvivenza di questo formato ed è ancora qui: la morte più lenta della storia, un trapasso al rallenty, alla Peckinpah. Sicuramente ci sono altre modalità di fumetto che suonano più prestigiose, ne parlavamo più su, ma credo ci sia ancora spazio per le strip, sicuramente su web e un po' meno su carta; tra le riviste di settore è rimasta solo Linus, qualche scampolo si trova su pubblicazioni di altro tipo, come la pagina dedicata di Internazionale, ma penso che questa penuria di rappresentatività abbia più a che fare con una crisi dell'editoria che della striscia (o quantomeno entrambe le cose). Che futuro avrà? Nel duemila ci saranno le strisce VOLANTI, le strisce sulla LUNA e sicuramente strisce robot nate per servirci che impazziranno e ci apriranno in due come un giornalino. Ciao a tutti, stop. 



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