mercoledì, ottobre 29, 2008

 

Gummer Street di Phil Krohn


Gummer Street di Phil Krohn prende in giro la tristezza umana. Può sembrare atroce ma è anche un modo di esorcizzare la malinconia.
Le strisce raccontano piccoli episodi, gag, di una micro comunità di quartiere. Molto anonima: depressione e mestizia sono sempre state globalizzate. Potrebbe essere una strada qualunque del mondo occidentale anche se l'ispirazione originale arriva da un sobborgo americano dove Krohn viveva.

L'ambientazione e i caratteri dei protagonisti, così, a prima vista, parrebbero deprimenti per il lettore, specie se le attese sono quelle di frizzi e lazzi. In realtà la miscela di sentimenti e ironia è amabile, l'umorismo c'è, anche se amarissimo. E c'è anche tanta poesia, umanità, compassione.

La serie è durata poco. Eppure ha conquistato vari cuori. Un successo tutto italiano perché sulla sterminata scena americana non è rimasta traccia in nessuna antologia e vani ora sono gli sforzi, con l'era di internet, nel cercare tracce con i motori di ricerca. Succede, anche nella musica (chi ha qualche anno in avanzo ricorderà ad esempio che i Genesis popolarissimi da noi erano sconosciuti sul mercato anglosassone, per non menzionare il caso dei Van Der Graaf Generator). Capita anche in altre arti che a volte, per contorti meccanismi di passaparola, un'opera sia amata in una sola nazione. E spesso abbiamo un libro, un disco, un posto che abbiamo amato quasi da soli.
Pura retorica aggiungere che avrebbe meritato di più. Vive nei ricordi di chi ha amato quel mondo melanconico.

Krohn disegna con un minimalismo molto simile a quello di Johnny Hart (B.C.) e Brant Parker ('The Wizard of Id', 'Crock', 'Out of Bounds' ). Una palazzina banale, minuta, popolare, semplice come una caverna. Talvolta assistiamo a dialoghi dalle finestre, luci accese o spente raccontano tutto. Sopra un terrazzo dove sperdersi, con un cielo stellato, in riflessioni alla "chi siamo, dove andiamo, da dove veniamo". L'ingresso con tre scalini dove sedersi, altro topos dei quartieri popolari. Avete mai visto un film dove la gente si accomoda davanti alle case dei ricchi? Muri appena tratteggiati delle strade, angoli dove incrociare le vicende, bidoni della spazzatura, antenne, comignoli. Un bar biliardo. Interni poveri con l'immancabile TV.

La striscia vive della forte caratterizzazione dei personaggi. Non troppo sfaccettati - qualche cliché ben noto - ma capaci di far entrare nei meccanismi del teatrino presto. Un cast di delusi, depressi, inconsapevoli di essere dimenticati.
Shirley e Darcy sono due donne di mezz'età, quella che ora non esiste più. Sfigate, bruttarelle, squattrinate, sole nei loro appartamenti. Accoppiate per contrasto. Shirley è pessimista, scettica, disincantata tanto quanto Darcy è speranzosa, disarmante nel suo ottimismo. Sono tappezzeria sociale, nessuno le nota più. Il guaio è che hanno sogni e frustrazioni, come tutti gli anonimi del mondo.



Harold, il poliziotto di quartiere è senza coraggio, rappresenta solo l'ordine ma non sa mantenerlo, né ha la forza di farsi rispettare. Stanco, solitario, maltrattato dal maltempo, sta giù in strada a prendere freddo.
Non ha mai catturato un ladro.



Ci sono poi i due bulli di quartiere, sfaccendati, passano le giornate a giocare a biliardo ma spesso Pops, il gestore dall' eterno sigaro in bocca, li butta fuori dal bar perché non ha hanno da pagarsi l'inedia. E allora ci sono i muri dove appoggiarsi e tentare di sembrare dei duri molestando i più deboli.


Web è un presunto scrittore, poeta, musicista e filosofo. Pretenzioso e ignorante quanto privo di talento, ossessionato dal suo ego. È un fallito ma ama credere di essere un incompreso. L'emblema della presunzione e dell'inconsapevolezza.


Sotto l'originale di Gummer Street del piccolo museo Balloons.


Piccola diversione sul problema della conversione linguistica delle strip. Qualche volta la traduzione è un po' troppo alla lettera, come nella striscia sotto. Il caso è "interesting". "Oh dear" è un'espressione cadenzata tipica delle vecchie generazioni, molto vicina al "My God" o "Dio mio" nostrano, tirata fuori davanti ad accadimenti sconvolgenti. In italiano suona un po' strano quel "O caro" ripetuto più volte.


Le tavole sono state pubblicate negli anni '70 su Eureka, allora diretto da Luciano Secchi. Con passione e probabilmente contro ogni aspirazione commerciale Secchi mise assieme una raccolta nel 1974 nella collana Eureka Pocket - Editoriale Corno - dal titolo "Fantasticherie e realtà di Gummer Street". Il volumetto tascabile può ancora essere reperito nelle bancarelle dell'usato o su Ebay. L'introduzione, scritta davvero con affetto, è firmata da Maria Grazia Perini, traduttrice anche dei testi.


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Commenti:
spettacolare!
 
Che bello trovare una pagina su uno dei miei fumetti preferiti! Quanto l'ho amato. Eppure sono povera, vivo in periferia e porto giù la spazzatura :-D
 
anche Tu?
Vizio diffuso allora
 
che nostalgia!!! ce l ho ancora custodito e mi capita di rigiocarmi qualche battuta...tipo..."Harold l'immortale!!" bellissimo...:-)
 
che nostalgia!!! ce l ho ancora custodito e mi capita di rigiocarmi qualche battuta...tipo..."Harold l'immortale!!" bellissimo...:-)
 
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