venerdì, dicembre 29, 2006

 

English lesson per il giovane fumettista

La serie di post dedicati alla traduzione delle strip ha tra i suoi scopi una finalità abbietta. Scoraggiare gli autori italiani dalla faciloneria nel ricorso a traduzioni “fai da te” o messe su da amici. Ovviamente si pensa all’inglese, lingua internazionale del mercato da sogni del fumetto. Se ne vedono tante strisce (niente nomi e siti, naturalmente), scritte in un divertente “inglesiano”. Cos’è? È l’inglese pensato in italiano, vale a dire una lingua che pur essendo composta da parole inglesi si modella su strutture italiane (la definizione, così come alcuni degli esempi che seguono, è tratta da un delizioso libro ormai fuori catalogo di Rosèlia Irti – “Come te la cavi con l’inglese” – Universale Sansoni 1990).
Qual è il rischio dell’inglesiano in una strip? Che pur essendo ben ideata e disegnata suoni goffa ad un lettore anglosassone. L’inglese è una lingua in apparenza facile per fare amicizia in vacanza, in realtà è lontanissima dall’italiano. Test veloce (chiediamo scusa a chi non capisce proprio una mazza di inglese): “è difficile che lui lo sappia” come lo riportereste in inglese? A tutti noi verrebbe fuori un bel “It’s possibile that he doesn’t know”, mai ci verrebbe naturale quello che un vero inglese direbbe: “He’s unlikely to know”. Questo era un esempio limite, ma spesso si vedono sul web strip tradotte in maniera molto letterale.
Un altro esempio tratto dal mondo dei film, per far capire quanto il problema sia complesso per tutti, anche fuori dal fumetto. In inglese non esiste dare del “lei” a una persona. Attenzione, non è la questione nota a tutti che tu e voi nella declinazione dei verbi sono uguali. Hanno qualcosa di totalmente diverso. Per un anglosassone si passa a una situazione di confidenza quando ci si chiama per nome, evitando il cognome. E così nei film si sentono queste sciocche situazioni nelle quali senti uno degli attori dire all’altro: “Chiamami pure Mark” (vi sarà capitato, e uno si chiede guardando il film: accidenti e come lo dovrebbe chiamare altrimenti?). Stupida traduzione letterale, problema mai risolto, spesso aggravato in modo ridicolo dal fatto che i due nel doppiaggio continuano a conversare dandosi del lei.
In realtà poi non basta una traduzione che non tradisca. La strip, come vedremo, dev’essere pensata in modo universale.
Anche Inkspinster sa che l'inglese è importante. Affidiamo a lei il compito di sollevarvi da questa pallosa e pomposa lezione. La striscia è tratta da una serie realizzata per la campagna pubblicitaria di una scuola di inglese ( a proposito, parleremo anche di comic strip e pubblicità).

Inkspinster © Deco 2oo1 - E' vietata la riproduzione senza il consenso dell'autrice

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Commenti:
Lo so che il post di oggi ha altre finalità, ma voglio lanciare ugualmente una "PROVOCAZIONE", anche per riprendere alcuni commenti del precedente post (e anche perché oggi mi sono alzato "da piedi")...

Quindi mi domando: ma Schulz, Hart, Adams e tutti gli altri "yankee" si saranno mai posti il problema di dover tradurre una loro strip in italiano?! Non credo proprio!
"Grazie al cavolo!" - dirà qualcuno - "Gli americani nel dopoguerra ci hanno imposto i loro fumetti e le loro strip, inoltre hanno i Syndicate, da loro escono da sempre sui quotidiani e poi ormai l'Inglese lo conoscono tutti" (séh, vabbè, come no?!)
Già, è vero! Eppure qui da noi, nonostante la colonizzazione forzata, manca ancora completamente la cultura delle strisce, proprio perché non sono ancora pubblicate in "MASSA" ma nemmeno singolarmente in modo continuativo, sui "QUOTIDIANI", che hanno ben altri problemi molto più "VENALI".
Del resto LaStriscia.net era nata proprio con questo obiettivo, qualcuno se lo ricorda ancora, sì?!
(Gioma sarcastico!...)
Molti italiani non sanno nemmeno cosa siano le strisce. Provate a chiedere a dieci persone qualunque (che non siano autori, esperti o amanti del settore) se gli piacciono le comic strip, le strip, le strisce, "chiamategliele" come volete, e vedrete la loro espressione ebete: "Comeee, comic strip, strip, strisce?... e che roba è?... Aaaah, i fumetti!..."
Chiedete poi quante ne conoscono di straniere: "Charlie Brown, Linus (forse qualcuno si ricorda che sono Peanuts entrambi e qualcun altro magari che Schulz è pure morto), Andy Capp (ma solo perché sta da secoli sulla Settimana Enigmistica), BC (ma solo i meno giovani), Mafalda (che fra l'altro è quasi sconosciuta negli USA e che Quino l'ha "dismessa" da decenni)"...
e poi?... poi stop!
E italiane quante ne conosci: "Bèh ecco sì, Lupo Alberto... mmmm... poi... mmmm... poi... boh?!"
E ci preoccupiamo di tradurle in inglese, magari adattando pure il nostro humor a quello anglosassone, come se fosse la panacea per risolvere tutto?
Secondo me sarebbe meglio (fondamentale direi) affrontare prima il problema "CULTURALE" interno, cercando "INSIEME" qualche "SANTO" in alto che sposa la causa, l'appoggia, ci permette di pubblicare le "NOSTRE" strisce sui "QUOTIDIANI" in una "PAGINA" dedicata al "MAGGIOR NUMERO" possibile di autori "autoctoni", e dopo, solo dopo, preoccuparci del "doppiaggio" strisce e della loro esportazione anche all'estero, in inglese, spagnolo, arabo, cinese, cirillico, sanscrito, ecc. ecc...
 
Beh Gioma perché mettersi limiti? Un autore può ben aver voglia di avere un pubblico di lettori più largo, specie se dalle nostri parti non hanno occhi e testa per le comic strip.
E poi non è affatto vero che gli Yankee non si preoccupano delle traduzioni in italiano. Sono curatissime e affidate a grandi traduttori professionisti madrelingua che sono anche degli appassionati della loro strip. Come nel caso del povero Enzo Baldoni per Doonesbury. Traduttori che amano la strip, hanno un legame con l'autore e sanno entrare nel suo spirito. Questo penso sia la chiave per arrivare a una grande versione delle strisce.
Quanto al resto di quello che dici, una "cognizione" (cultura forse è una parola troppo pretenziosa) delle comic strip non si forma da un giorno all'altro, e neppure si superano i pregiudizi sul fumetto che sono incredibilmente radicati.
Qui proviamo a mettere qualche umile mattoncino.
 
Ho sentito dire che sul giornale gratuito "Metro" viene pubblicato "Get fuzzy" (chi lo legge sostiene che "non me ne devo perdere una puntata altrimenti non capisco più niente"). Penso che questo contribuisca ad aumentare la conoscenza del mezzo "striscia"... o chi non le conosce già, le striscie, salta a pié pari?
 
Get Fuzzy esce da tantissimo su Metro e infatti si avvia a diventare popolare in Italia così come lo era Andy Capp grazie alla pubblicazione su La Settimana enigmistica. Non è vero che sia una continuity strip, è una tipica autoconclusiva e si può seguire anche a pezzi. Piuttosto non si può certo dire che sia una delle migliori strip, non è male, ma ultimamente non è gran che spassosa (esce anche su Linus). Vero è che è una scelta molto pigra e poco coraggiosa della redazione italiana di Metro. Hanno chiesto una strip qualsiasi a un syndicate americano e vanno avanti con quella. L'edizione svedese di Metro, ad esempio, invece ha scelto un fumetto nazionale, il molto, ma molto più divertente e spigliato Rocky (del quale abbiamo parlato nel nostro post del 10 novembre). Grazie proprio all'uscita sulla edizione Metro del proprio paese lo svedese Martin Kellerman ha raggiunto una grandissima popolarità.
 
Quelli di Metro (e spero che qualcuno capiti qui e legga) dovrebbero voltare la faccia verso il nostro bel paese, stroppicciarsi ben bene gli occhi e cominciare a pubblicare sul loro quotidiano le meraviglie nostrane che ogni giorno vengono proposte al pubblico. Non abbiamo nulla da invidiare agli americani. Possibile che nessuno si rende conto che basta che uno cominci? Che sarebbe un affare pubblicare le strip e dargli visibilità? Che potremmo essere noi a finire sui loro giornali oltre oceano?? Qui è tutto pronto, quand'è che ci date il via??
 
A me Get Fuzzy piace da morire, purtroppo non credo che esista un volume tradotto in italiano e seguirlo su Metro o Linus è complicato oltre che dispendioso. Sinceramente non capisco come mai nessuno abbia sentito il bisogno di pubblicarlo in un volume !!!
 
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