sabato, dicembre 30, 2006

 

Buon anno ai nostri lettori


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venerdì, dicembre 29, 2006

 

English lesson per il giovane fumettista

La serie di post dedicati alla traduzione delle strip ha tra i suoi scopi una finalità abbietta. Scoraggiare gli autori italiani dalla faciloneria nel ricorso a traduzioni “fai da te” o messe su da amici. Ovviamente si pensa all’inglese, lingua internazionale del mercato da sogni del fumetto. Se ne vedono tante strisce (niente nomi e siti, naturalmente), scritte in un divertente “inglesiano”. Cos’è? È l’inglese pensato in italiano, vale a dire una lingua che pur essendo composta da parole inglesi si modella su strutture italiane (la definizione, così come alcuni degli esempi che seguono, è tratta da un delizioso libro ormai fuori catalogo di Rosèlia Irti – “Come te la cavi con l’inglese” – Universale Sansoni 1990).
Qual è il rischio dell’inglesiano in una strip? Che pur essendo ben ideata e disegnata suoni goffa ad un lettore anglosassone. L’inglese è una lingua in apparenza facile per fare amicizia in vacanza, in realtà è lontanissima dall’italiano. Test veloce (chiediamo scusa a chi non capisce proprio una mazza di inglese): “è difficile che lui lo sappia” come lo riportereste in inglese? A tutti noi verrebbe fuori un bel “It’s possibile that he doesn’t know”, mai ci verrebbe naturale quello che un vero inglese direbbe: “He’s unlikely to know”. Questo era un esempio limite, ma spesso si vedono sul web strip tradotte in maniera molto letterale.
Un altro esempio tratto dal mondo dei film, per far capire quanto il problema sia complesso per tutti, anche fuori dal fumetto. In inglese non esiste dare del “lei” a una persona. Attenzione, non è la questione nota a tutti che tu e voi nella declinazione dei verbi sono uguali. Hanno qualcosa di totalmente diverso. Per un anglosassone si passa a una situazione di confidenza quando ci si chiama per nome, evitando il cognome. E così nei film si sentono queste sciocche situazioni nelle quali senti uno degli attori dire all’altro: “Chiamami pure Mark” (vi sarà capitato, e uno si chiede guardando il film: accidenti e come lo dovrebbe chiamare altrimenti?). Stupida traduzione letterale, problema mai risolto, spesso aggravato in modo ridicolo dal fatto che i due nel doppiaggio continuano a conversare dandosi del lei.
In realtà poi non basta una traduzione che non tradisca. La strip, come vedremo, dev’essere pensata in modo universale.
Anche Inkspinster sa che l'inglese è importante. Affidiamo a lei il compito di sollevarvi da questa pallosa e pomposa lezione. La striscia è tratta da una serie realizzata per la campagna pubblicitaria di una scuola di inglese ( a proposito, parleremo anche di comic strip e pubblicità).

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giovedì, dicembre 28, 2006

 

La traduzione delle strisce, partendo da Magritte


Quello sopra è un dipinto del 1953 di René Magritte chiamato "Golconde". Che ha a che fare con le comic strip e con il tema che iniziamo oggi?

McDonnell, l'autore di Mutts, nella tavola iniziale delle sue sunday comic, che funziona da logo e da titolo,
inserisce sempre un tributo grafico ad artisti e capolavori popolari. Avremo l'occasione più volte ancora di parlare di Mutts (
vedi scheda), amatissima da Schulz e considerata una delle migliori comic strip di sempre da gente come Spiegelman, Feiffer e Groening.

Partiamo da un primo quadro (qua sotto) di una tavola domenicale che cita l'opera di Magritte e prosegue sul tema di una danza della "non pioggia" di Earl e Mooch, il cane e il gatto protagonisti della strip. Questo primo quadretto è interessante per proporre una prima riflessione allegra e un giochetto sul tema delle traduzioni delle strisce.
Si osserverà, non ci sono parole, che problema c'è?. Eppure le cose non sono come sembrano.
La commistione tra testo e disegno è fortissima nelle comic strip e spesso il disegno trasporta dei significati idiomatici propri di una lingua.


Per il lettore italiano che non conosce Magritte il disegno appare comunque divertente, se poi afferra la citazione la tavola risulta ancora più spassosa. Se però non conosce l'inglese perde un giochetto idiomatico che è veicolato* da McDonnell. "Piove a catinelle" infatti è spesso reso in inglese con l'espressione idiomatica, a dire il vero piuttosto tradizionale e non usata dalle nuove generazioni, "it's raining cats and dogs"(letteralmente: stanno piovendo gatti e cani).
Le lingue non possono essere tradotte meccanicamente, come se fossero dei codici segreti nei quali ad ogni parola ne corrisponde esattamente un'altra. Questo lo sappiamo già. Ma tradurre è una cosa dannatamente seria e non è solo "dire la stessa cosa in un'altra lingua" (
Umberto Eco). Le lingue sono espressione di una cultura, stracariche di espressioni tipiche che rivelano anche modi di pensare e vedere le cose. E questo vale anche per le modalità con cui vengono costruiti periodi e frasi. Lo stesso si può dire anche per uno slang, come quello giovanile, che racconta una visione del mondo.

Per le comic strip che scherzano e giocano con parole e disegni, pescando spesso dalla propria cultura nazionale, il problema è ancora più serio, come racconteremo in alcuni prossimi post.

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[ Piccola nota dei redattori del blog: è vero, sembra che andiamo un po' a casaccio con gli argomenti ma intendiamo lo strumento "blog" nel senso letterale di "web log", vale a dire "appunti in rete". Appunto: appunti, sparpagliati, mano a mano che ci riflettiamo o prendiamo spunti. Appunti che riprendiamo dopo qualche giorno. Se avessimo voluto qualcosa di ordinato avremmo messo su un sito, oppure, ancora meglio, un libro. Magari un giorno, trovateci un editore intanto ;-) , non si trovano per le raccolte di strip, figuratevi per un libro che parla di strisce]

*veicolato, ah, era almeno da un anno che volevamo usare il verbo veicolare in un bel contesto (!).

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mercoledì, dicembre 27, 2006

 

Piperita Patty

Nella storia di Schulz c'è anche la striscia mai nata.
Per circa un anno macinò l'idea di una serie di libri per bambini completamente separati dai Peanuts. Riteneva che il personaggio di Peppermint Patty (da noi Piperita Patty) fosse un soggetto così forte da avere una strip tutta per se.

Piperita PattyIl nome Peppermint Patty fu ispirato da un piatto di dolciumi con dei biscotti alla menta che stazionava nel suo soggiorno. La nuova serie ritardava a venire al mondo per il pesante calendario di impegni. Schulz decise di utilizzare comunque il nome, che a lui piaceva moltissimo, per un nuovo personaggio da aggiungere ai Peanuts. La personalità di Piperita fu proprio creata per adattarsi al nome.
Il ricorso a personaggi dalla forte individualità è tipico della filosofia creativa di Schulz, come di tanti altri autori. Il cast della striscia non è formato solo da burattini che fanno quello che l'autore decide volta per volta. Sono invece i personaggi, con la loro natura e personalità così forti e ben delineati, a fornire idee all'autore. Basta dargli uno spunto, un contesto, agiscono e parlano da soli, come molti cartoonist sanno. E i lettori reagiscono con le emozioni ai personaggi come se fossero reali.
Sotto l'aspetto del carattere Peppermint Patty è un colosso. Esordisce nella striscia il 22 agosto 1966. È stata definita un anti Barbie ma è ancora qualcosa di più nella storia delle comic strip. Se pensate a tutte le figure femminili apparse nei fumetti troverete una serie incredibile di cliché sui quali i cartoonist hanno giocato con allegria. Paperina, la eterna e suscettibile fidanzata per bene, Blondie, bella e elegante, lo stereotipo della donna della vita, la coppia bionda pin-up e grassona virago di Hart, Flo, la moglie pallosa e casalinga di Andy Capp, l'arrivista e scalatrice sociale Petronilla, moglie di Arcibaldo, miss Buxley, la segretaria bona con minigonne mozzafiato del generale Halftrack in Beetle Bailey, l'inarrivabile Brandy di Liberty Meadows. Mamme, angeli del focolare, donne fatali, sexy, giunoniche, sciacquette, oche, la lista è molto lunga. Tutte proiezioni, stereotipi, classificazioni originate nell'immaginario maschile (con qualche eccezione in Oliva di Braccio di Ferro, Mafalda e Doonesbury). Qualcuno dirà: Piperita è il prototipo della maschiaccia. Vero, è bravissima nello sport, tira cazzotti e gioca con i maschi. È trasandata, gira con i sandaloni Birkenstock, ha capelli a spaghetto e non è leziosa come le altre bambine dei Peanuts. Ma è riduttivo confinarla nello schema della maschiaccia. È stupendamente fuori catalogo, come tante altre donne vere che rifiutano di aderire a un prototipo, e in questo sta la sua grandezza. Forte e cocciuta ma anche con mille difetti, debolezze, incertezze e contraddizioni. Fraintende tutto quello che succede intorno. È l'unica a non capire che quel buffo bambino che gioca a baseball è in realtà un bracchetto. Solo lei tiene in considerazione Charlie Brown, l'unica a chiamarlo per nome, confidenzialmente Chuck (Ciccio nella traduzione italiana). Forse ne è inconsapevolmente innamorata perché pratica come è, non cerca principi azzurri. Non lo può sapere, confusa com'è su tutto. È una leader ma detesta il potere tanto che niente la manda in bestia come l'appellativo "sir" ("capo" nella traduzione italiana) usato sempre da Marcie, la fedelissima compagna, occhialuta prima della classe. A scuola è un disastro, s'annoia, sbaglia tutto e si addormenta. Nelle relazioni sociali va ancora peggio, le gaffe sono sempre in agguato con lei.
Antagonista, ma senza alcunché di politico, non scapperà con gli hippies e non brucerà mai reggiseni. Forse da grande si darà un'aggiustata ai capelli (l'unica volta che ci ha provato con le treccine si è messo a piovere) e magari metterà anche un filo di trucco, ma di una cosa siamo sicuri: il conformismo non la piegherà mai.

Dopo di lei molte altre Piperite sono arrivate, qualcuna si è messa a disegnare e raccontare il mondo dalla sua prospettiva (
Linda Barry, apparsa su Linus nei mesi scorsi). Qualcuna anche dalle nostre parti, ridacchiando con disinvoltura su tacchi a spillo, assorbenti, fidanzati e cerette (vero Deco e Ciemmerre?).
Nessuna però uguale al modello, perché da Piperita in poi un modello non c'è più.

(Non osate pensare che questo potrebbe essere un post buono per l'otto marzo, ovvero un peana femminista . Quella data non esiste per Piperita Patty, vi tirerebbe un pugno solo a menzionarla)

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martedì, dicembre 26, 2006

 

INKSPINSTER - una striscina ogni martedì


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sabato, dicembre 23, 2006

 

Buon Natale ai nostri lettori

Buon Natale da Elisabetta, Giuseppe e Max (da sinistra a destra)

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venerdì, dicembre 22, 2006

 

Just keep laughing..

Va bene, brutti guardoni delle comic strip, non vi basta e volete sapere che cosa ci fosse ancora prima di Li'l Folks.
Il giovane Schulz, uscito dal liceo, cominciò a lavorare facendo il lettering di altre strisce per Timeless Topic, una casa editrice di alcuni magazine cattolici di comics. Uno dei giornali poi gli comprò due pagine di gag, firmate come Sparky, con la promessa di proseguire per un mese. La piccola serie nacque sotto il titolo “Just keep laughing..” ma già dopo la seconda uscita il prete redattore cambiò idea. In una delle vignette vi apparivano due bimbi che assomigliavano profeticamente a Schroeder e Patty (vedi sotto a sinistra).
Alcuni colleghi incoraggiarono Sparky a disegnare altri di quei bambini. Così iniziò tutta la storia, dei Li'l Folks e poi dei Peanuts.



Ultimo tassello per chi non conosce questi spezzoni della storia. I Peanuts non si dovevano chiamare così. In realtà Schulz detestava il nome, imposto per ragioni commerciali dai syndicate americani, e avrebbe voluto che la striscia si chiamasse Li'l Folks.

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L’immagine di "Just keeep Laughiing.." è tratta da “Peanuts Jubilee”, Penguin Books, una raccolta del 1975 per festeggiare i 25 anni dell’opera di Schulz. Trovata per un paio di sterline nel 1992 in un mercatino di libri usati a Crystal Palace, Londra, non è mai arrivata in Italia ed è ovviamente da tempo fuori catalogo. Oggi vale molto di più, soprattutto sul piano sentimentale: siamo a metà del percorso di Schulz, il periodo migliore. In questo libro della Penguin, assieme a moltissime tavole, foto, schizzi, in prima persona l’autore racconta una miniera di storie sulla sua vita e sulla strip.

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[Seguendo il filo delle origini dei Peanuts ci siamo persi e abbiamo dimenticato che tutto era partito dall'idea di qualche suggerimento per acquisti natalizi. Intanto però è arrivato Natale e forse non c'è più tempo. Ma insomma, basta con questa storia delle strenne natalizie, i libri di comics si prendono tutto l'anno. Proseguiremo con le proposte.]

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giovedì, dicembre 21, 2006

 

Li'l Folks




La vera altra comic strip di Schulz è in realtà Li'l Folks, tavole firmate con lo pseudonimo di Sparky già nel 1947 e pubblicate da un piccolo giornale locale. Li'l Folks è una sorta di antesignana dei Peanuts. Vi compare già Charlie Brown, un piccolo universo di bambini e un cane che però, diversamente da Snoopy, non sta su due piedi e non pensa. Nell’evoluzione di questa serie vi sono diverse modifiche, quasi delle tappe che hanno portato Schulz ai Peanuts . Sulle prime i personaggi sono disegnati proporzionati, vale a dire più realistici, con particolari, vestiti e sfondi molto carichi di dettagli (vedi sopra). Verso la fine della serie le teste dei bambini cominciano a diventare, quasi esagerando, molto più grandi e tonde, il tratto e gli scenari si semplificano, avvicinandosi sempre di più allo stile minimalista che riconosciamo come tipico dei Peanuts sin dall’esordio (tavola sotto). I temi sono sempre più simili a quelli che troveremo nella celebre strip di Schulz. Ad esempio quello della cattiveria tra i bambini (vedi sotto la vignetta a destra, la bambina dice "ti ho sognato l'altra notte...una notte di buon sonno rovinata").
Lo stile sta lentamente definendosi ma l'anima della strip c'è già. Perchè le vere strisce non sono solo gag e cazzeggi ma hanno un'anima, uno spirito. Anche il cane comincia ad assomigliare a Snoopy.

Un'altra osservazione: il tratto essenziale e caratteristico di Schulz è il risultato voluto di un lungo studio e un'evoluzione "a sottrazione". Sapeva disegnare, anche in modo molto dettagliato (e lo si vedrà più tardi, in alcune singolari strip dove Snoopy agisce in un scenario dettagliato di guerra).

A Li'l Folks purtroppo sono state dedicate sin ora poche attenzioni filologiche. Ancora non è stata recuperata per riedizioni.

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mercoledì, dicembre 20, 2006

 

Quando Charlie Brown diventò adulto


Ci è stato chiesto qualche consiglio per qualche raccolta di strisce da regalare (o da regalarsi). Troppo facile suggerire l'ennesimo cofanetto raccolta dei Peanuts (e in generale troppo facile parlare della popolarissima opera di Schulz e infatti non lo abbiamo ancora fatto). Proponiamo qualcosa di davvero diverso, da guardoni perversi delle comic strip. Avviso ai naviganti: questo libro cartonato, "È solo un gioco", dal formato quadrato molto simpatico, è roba per cultori morbosi di Schulz. Appartiene a quel particolare mondo di memorabilia, di carte ripescate nei cassetti, di diari di autisti e amici che fiorisce dopo la morte di ogni grande autore. Ha un gusto molto diverso dai Peanuts.
C'è tuttavia un punto di osservazione davvero divertente e interessante. Potete vedere che aspetto avrebbero avuto Charlie Brown, Linus, Lucy, Sally, Schroeder se fossero diventati adulti o anziani. Come è noto, non solo il tempo è fermo nel piccolo universo dei Peanuts ma i grandi, genitori o insegnanti, non appaiono mai e raramente vengono menzionati.
La serie It's only a Game ("È solo un gioco") cominciò ad essere pubblicata su una trentina di giornali nel novembre del 1957, a distanza di circa sette anni dall'esordio dei Peanuts e comparve per l'ultima volta l'11 gennaio 1959.

Su quest'altro lavoro di Schulz, dimenticato per decenni, esistono varie leggende. Alcune verità vanno infatti dette. Viene presentato come l'altro fumetto del creatore dei Peanuts. Ma non è proprio un fumetto o una strip, sono vignette. La progettazione della serie è senza dubbio attribuita a Schulz, così come l'ideazione dei soggetti e gli schizzi di gran parte delle singole tavole. La realizzazione però in concreto fu affidata da Schulz,allora già molto impegnato, a Jim Sasseville. Era un suo amico e collaboratore di quel tempo che disegnò le vignette con uno stile che ricalcava in modo stupefacente quello del papà dei Peanuts. C'era da guadagnare un po' di soldi mettendo su delle tavole da inserire nelle pagine dei quotidiani dedicate allo sport e al gioco (da qui il titolo). Non esistono personaggi fissi. L'umorismo, fondato su singole gag, è abbastanza diverso da quello conosciuto nei Peanuts, anche se si trovano alcune passioni di Schulz, come il bridge (soprattutto), il golf, e ovviamente il baseball.


Le note al libro sono di Sasseville, la traduzione e l'adattamento sono di Luca Boschi. È infatti la versione italiana di una raccolta edita dalla americana About Comics, realizzata dalla coraggiosa Free Books (l'abbiamo già elogiata a proposito di Krazy Kat). Si può ordinare in rete sul sito della Free Books ma non è difficile trovarlo o farlo arrivare nelle fumetterie.

[Charles M. Schulz e Jim Sasseville – “È solo un gioco” - Free Books, bn, cartonato € 14,90]

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martedì, dicembre 19, 2006

 

INKSPINSTER - una striscina ogni martedì

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domenica, dicembre 17, 2006

 

Come nasce una striscia (11)

Un ultimo giro per la serie "Come nasce una striscia" con gli spunti proposti da quattro giovani cartoonist della nuova generazione sul web.
RX autore della omonima spassosa strip (vedi la scheda sui Ragnacci del web).
Tram (alias Federico Tramonte), autore di Giast (Federico mettiti a disegnare e a tirare fuori strisce, potresti fare di più, lo dice anche la maestra).
Condre', autore di Acid Street) una continuity strip che per noi è un istituzione, forse la saga più lunga che esista sul web (vedi anche per lui la scheda).

Infine Zetabò, creatore di una delle strip più stravaganti, Sheeppard, che seguiamo con simpatia e fatica (già seguire come soggetto una pecora spaziale antropomorfa partita dentro un apestar non è proprio facilissimo, al passo di una alla settimana è dura, presentati anche tu dalla maestra che più o meno deve dirti le stesse cose).





Le idee mi vengono di botto, spesso sono suggerite da situazioni che mi succedono, a volte mi blizzano in testa prima di addormentarmi. Ovunque io sia devo munirmi in fretta di carta e penna perché sennò nel giro di pochi minuti ricordo di aver avuto uno spunto ma non ricordo quale. Scrivo così ovunque, su fogli sparsi, su appunti dell'università, su fogli di giornale che
poi strappo e raccolgo in un quaderno. Di solito ho già in testa le quattro vignette della strip che andrò a realizzare. Quando ho intenzione di fare una saga invece mi metto a tavolino e raccolgo i vari spunti cercando di collegarli con un filo logico, è più facile farlo che spiegarlo...
:) Quando ho un po' di tempo libero prendo poi carta, matite, chine e realizzola strip vera e propria.

Per me è naturale farlo, spiegarlo non è così facile...
:)
RX http://www.rxstrip.it/index.htm







allora.. a ben pensare le mie strip nascono mentre sono in viaggio: in macchina per andare al lavoro o in treno per andare chissà dove. Appena mi arriva la folgorazione.. beh.. non faccio proprio nulla: continuo a rigirarmela in testa. Se mi resta in mente almeno per un giorno allora la butto giù, altrimenti vuol dire che non ne valeva la pena (tecnica decisamente pericolosa: capita discretamente spesso che mi dimentichi pure le strip buone!! :) ).
saluti a tutti!

tram
giast.splinder.com/



Per quanto mi riguarda la striscia nasce spesso come ispirazione. Un'idea o esperienza divertente, che mi sfido a riassumere in un botta e risposta. Più raramente è sceneggiatura, o variazione a tavolino. Nel primo caso, a volte la annoto su carta, in attesa della vera e propria realizzazione ...
A sinistra la paginina di schizzi a caso da cui è nato Acid Street, in una notte alcolica e burrascosa. Una curiosità triste è che questa immagine è tutto ciò che mi rimane di quel blocchetto. E' sparito dentro ad un giubbotto, che mi hanno rubato un paio d'anni fa mentre ero a ballare...

ciao, Condre' acidstreet.splinder.com




Può venirmi in mente a caso in un qualsiasi momento, e allora scrivo due parole chiave su un pezzo di carta. Oppure se sono indietro mi sforzo di immaginare una situazione finché non trovo che sia buffa. Dove: bloc-notes o vecchi quaderni a quadretti. Forma: dialoghi oppure in 3a persona o schizzi. La bozza più avanzata invece è una mini-striscia a matita nell'angolo in basso a sx dello stesso Fabriano F4 su cui poi disegnerò la striscia completa.
ciao Zetabò sheeppard.splinder.com

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venerdì, dicembre 15, 2006

 

Come arrivarono le comic strip in Italia


Con il Corriere dei piccoli arrivano già dal primo numero del 1908 moltissime delle prime leggendarie comic strip. Vengono però tagliate e stravolte sia nell'impaginazione che nei testi per adattarle alla formula italiana. Quello che era lo spirito e la comicità delle strip originali sono completamente traditi. Come nell'esempio che presentiamo partendo dallo stralcio di una pagina del New York Herald (sopra). Il Little Nemo di Winsor McCay, una serie famosissima per le eccezionali innovazioni grafiche, la particolarità del layout e per i bizzarri temi onirici, viene completamente alterato per adattarsi nella rigida quadrettatura dell'impaginazione con didascalie del Corriere (sotto). Spariscono gli sconvenienti balloon e con essi anche i testi originali sostituiti da rime al bacio. Sotto il primo quadro si inizia così:


"Gentiluomini e signore
or farò qualche prodigio!"
dice grave il professore,
re dei giuochi di prestigio.




Little Nemo per spessore artistico non è opera per bambini, o almeno non solo per loro. È, come tante altre, una strip con più livelli di lettura. Nella versione italiana cambia anche il titolo, diventa "Bubi" e viene fatto di tutto per infantilizzarla.
La pervicacia nel modificare l'originale implicava anche un notevole impegno e fatica: togliendo i balloon si doveva anche restaurare il disegno che coprivano, colorarlo. Per non parlare dei testi. Tutto lavoro che, a parte il massacro dell'originale, aveva anche una certa dignità artistica oggi riconosciuta. Le rime, affidate a ottimi autori, suonano ancora oggi divertenti e comportavano discreti giri di fantasia.

Molte altre comic strip americane sbarcheranno sul Corriere nei primi decenni del '900, circa 35 (un arrivo in massa che non si verificherà mai più nella storia della stampa italiana). Tutte subiranno lo stesso trattamento. La scelta dei titoli per le nostre versioni dice tutto. Tra le più note: Bringing up father di McManus (in Italia sarà Arcibaldo e Petronilla), Barney Google (Bertoldo Scalzapolli e Gelsomino), The Katzenjammer Kids alias The captain and the kids (Bibì e Bibò), Happy Hooligan (Fortunello), Buster Brown (Mimmo, Mammola e Medoro), Felix the cat (Mio Mao), The newlyweds (Cirillino).

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giovedì, dicembre 14, 2006

 

Come arrivarono i fumetti in Italia

Corriere dei piccoli. Supplemento illustrato del Corriere della Sera, 27 dicembre 1908. È considerato il primo fumetto pubblicato in Italia. Una copia in buone condizioni è andata all’asta a Milano lo scorso 24 novembre, partendo da una base di 1.800 euro. Bella storia, bella reliquia, si dirà, non abbiamo mai abbastanza valutato quanto convenga frugare nelle scartoffie dei nonni. E allora?
Bisognerebbe appenderne una copia in tutte le sale dove si dibatte sulla crisi del fumetto in Italia. O tenerla bene inchiodata in mente nelle infinite occasioni in cui si riflette e si litiga sulla questione. Per ricordarsi soprattutto “come” è iniziata la storia del fumetto dalle nostre parti.
Questo supplemento arriva dopo una decina di anni dal boom delle pagine di comic strip negli USA. Anche da noi il fumetto nasce sui giornali, gli editori intuiscono le potenzialità sulle tirature o, più pedissequamente, pensano che seguire il modello americano possa portare profitti.
Attenzione, però. Da noi arriverà un fumetto “non fumetto”, privo dei balloon. Guai a metterli, robaccia americana. Sono sostituiti da didascalie in rima baciata sotto. Parte con la zavorra di un pregiudizio originale (o chiamatelo peccato originale) enorme. È considerato un prodotto sottoculturale o meglio, esclusivo per bambini. Da li in poi sarà tutto un susseguirsi di giornalini, corrierini, per ragazzini, per piccolini, per piccini, per cretini, ci verrebbe da aggiungere, comunque tutto il possibile che faccia “ino”. Da tenere sotto il banco, da nascondere, da leggere solo nell’infanzia, buoni per bacchettate dalla maestra, da tenere lontano dagli adulti.
Solo verso la metà degli anni ’60 iniziano i primi segnali di vero sdoganamento, con riconoscimenti da parte di autorevoli intellettuali. Celebre il dibattito tra Eco, Vittorini e Del Buono, al tempo della nascita della rivista Linus. Giusto segnali, perché il pregiudizio da noi è ben radicato e ha una lunga storia.
A monte, ancora più su, c’è una più generica diffidenza verso l’illustrazione, considerata una rozza stampella della lettura. Dimenticando che grandi capolavori di Dickens o Manzoni, come i Promessi Sposi, nascono nelle versioni originali con illustrazioni che raccontano e non sono solo al servizio del testo.
Solo le vignette satiriche di veloce consumo hanno trovato spazio e popolarità tra gli adulti perché considerate strumento di supporto per infiammare il dibattito politico dei superpoliticizzati e faziosi quotidiani italiani. Un fumetto popolare da noi non è mai veramente esistito. E ora chiedetevi perché nelle redazioni non fanno tanta differenza tra oroscopi, cruciverba e comic strip.

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mercoledì, dicembre 13, 2006

 

Politically correct

[avviso ai naviganti: questo post ha contenuti disdicevoli e immagini ritenute scabrose che dobbiamo trattare ed esporre per ragioni scientifiche, essendo questo blog dedicato a tutti gli aspetti delle comic strip. Potendo tale visione corrompere la gioventù ed urtare le persone sensibili, si prega di allontanare le stesse dallo schermo]


Cogliamo l'occasione della strip di Totaro per parlare di un altro tema.
Nirvana è accusata di essere "politicamente scorretta". Vero, hanno ragione. Maltratta i brutti e i vecchi, li espone al pubblico ludibrio. I bambini hanno curiosità oscene, si sbeffeggia l'amore e il rispetto per la natura. Qualcuno arriva a sostenere che ha contenuti misogini. Ci mancano solo gli sporchi negri ed ebrei (non vorremmo aver dato un'imbeccata a Tot, anche se l'impressione è che forse neppure lui riesca a scherzare sul tema razziale). Ci sono parolacce non coperte da stelline e teschi. Non consiglieremmo la pubblicazione sul giornale della parrocchia.
Il punto è un altro. Non si vede perché mai una comic strip debba essere "politically correct". Dietro c'è la miseranda e becera visione del fumetto come prodotto esclusivo per l'infanzia. Insomma le porcate (posto che siano tali) si fanno e si disegnano negli spazi appositi ed è vietato riderci su (ad esempio il fumetto pornografico per soldati va benone, il pornosoft con eroine dotate di 5 misura e passa che riempiono di botte tutti vestite, si fa per dire, stile sadomaso, è sdoganato). Ma soprattutto ci chiediamo dove si sia smarrito il senso dell'ironia. È abbastanza evidente, come nella tavola sotto, che Totaro ci gioca su e ha ben precisi bersaglio e messaggio.



[le tavole di Totaro appaiono per gentile concessione di Comix,
http://www.comix.it/]

La questione è abbastanza sentita nel mondo delle strisce. I giornali americani non accettano che il sesso sia coinvolto nelle grandi pagine di comic strip. Ma non sono gradite anche allusioni o accenni più o meno velati nelle battute, non solo nel disegno. Anche altri riferimenti (questioni razziali, politiche) sono poco tollerati. Molte tavole di Totaro non passerebbero mai in un quotidiano USA. Ma crediamo anche in Italia. Diverso se si pubblicano le strip in un volume. Nell'underground americano passa ovviamente di tutto e così anche in Italia dove Tot con la Comix gode di grande libertà. Sui libri, considerati mercato di nicchia, si può dire tutte le verità che si vuole. Sempre stato così anche da noi, non solo in tema di attinenze sessuali ma anche su questioni politiche. Su un libro puoi provare che il capo del governo ha rubato e corrotto, se lo dici in TV o su un giornale succede la fine del mondo. Diciamo che sui libri viene abbastanza lasciato cantare chi abbia brame di libertà espressive. Non disturba i conducenti.
Il concetto di "politically correct" è come un blob che lievita sempre, si dilata sino a un rigido moralismo e non conosce il limite del ridicolo. In questi giorni qualcuno dice che non si dovrebbe festeggiare troppo il Natale perché disturberebbe la sensibilità di chi pratica religioni diverse. E a furia di non urtare questo e quello il blob del "corretto politicamente" avvolge tutto. Editori, redazioni e direttori artistici decidono quello che potrebbe urtare i bambini, come se vivessero in una presunta bolla. Che poi "tette e culi, tette e culi" (come fa urlare ad uno dei suoi personaggi Tot) siano dappertutto in Tv e nelle edicole, poggiati sui nostri tavoli ed esposti sui nostri schermi, pronti per confezionare la pubblicità di qualsiasi prodotto, questo non importa.
Tornando alle comic strip, abbiamo sentito anche in Italia di tavole bocciate per riferimenti molto indiretti, lievi o garbati al sesso. Come nell'esempio di queste serie di strisce di Deco (approfittiamo della sua presenza in questo blog) che toccano il tema del sesso degli angeli, escluse da una rivista di fumetti perché avrebbero potuto turbare i piccoli lettori. Da notare che la rivista non aveva come target un pubblico di minori.




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E che dire di quest'altra dove si osa addirittura menzionare il vibratore?



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Negli USA molti tra gli autori più vivaci volendo conquistare o comunque rimanere sulla grande scena dei quotidiani finiscono per autocensurarsi un po'. Gli esempi sono tanti, uno dei più clamorosi la pacifica e popolarissima strip Beetle Bailey. Il personaggio del generale Halftrack, come sapranno tutti quelli che si sono divertiti per questo tormentone, sbava nel seguire ogni mossa dell'avvenente Miss Buxley. Poco più di un cliché sociale, ben diffuso, su cui giocare. Bene, Mort Walker, cedendo alle critiche per una presunta ossessione sessista, ad un certo punto ha dovuto mandare l'anziano generale ad una sorta di corso di rieducazione. A Walker sarebbe piaciuto tanto giocarci anche più pesante come nella tavola a sinistra, non inchiostrata e ovviamente mai fatta arrivare davanti alle porte dei villini americani (non ci sono doppi sensi, la battuta parte dal fatto che anche in inglese si dice avere una giornata "dura","hard").
Altri cartoonist americani hanno finito con il tempo per rompersi un po' le balle. Citiamo giusto due grandi strip. Frank Cho, l'autore di Liberty Meadows, con una scelta coraggiosa e insolita, in rotta con i syndicate, ha rifiutato nel 2002 la distribuzione e pubblicazione nei giornali, fonte di notorietà e guadagni ricchi e sicuri, per passare a quella esclusiva su comic-book (vedi
la uncensored gallery sul sito ufficiale di Liberty Meadows). Ma tempo prima, anche gli eccessi della banda di Opus di Berkeley Breathed portarono all'abbandono dei quotidiani.

[il post scabroso è terminato, potete riavvicinare i minori al monitor. La morale è salva. Non scriveteci che volete altri post così. Maiali! Procuratevi i libri di Totaro o fate pubblicare Deco, sapranno soddisfare le vostre perversioni]

[la serie "Come nasce una striscia" prosegue il prossimo 17 dicembre, domani post sull'arrivo delle comic strip in Italia]

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martedì, dicembre 12, 2006

 

INKSPINSTER - una striscina ogni martedì



Inkspinster © Deco 2oo1 - E' vietata la riproduzione senza il consenso dell'autrice

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venerdì, dicembre 08, 2006

 

Come nasce una striscia? (10)


[le tavole di Totaro appaiono per gentile concessione di Comix, www.comix.it]

Dopo la presentazione di ieri di Nirvana proseguiamo la serie di post dedicati alla nascita della striscia. Oggi vi portiamo sul tavolo da disegno di Totaro con gli schizzi in anteprima destinati prossima raccolta, Nirvana Libro Quinto, in probabile uscita il prossimo mese di maggio 2007 (pare che ci sia una bella gara tra Tot e la Comix per chi riesce a essere più tardivo). Lasciamo a lui parola e matite.
È una sequenza dove il maestro fa scherzi di Halloween agli adepti. Vi compare tra l'altro un cane da pet-therapy di nome "Himmler" (potete immaginare quanto terapeutico) introdotto nel quarto libro. Altro particolare notevole, ad un certo punto vedrete una striscia bocciata e poi riveduta. Altri dettagli sull'ideazione e gli studi preparatori delle tavole li trovate in questa pagina di
www.nirvanacomix.com .
Gli schizzi sono abbozzati molto in piccolo e per poterli vedere un po' meglio al massimo delle dimensioni consentite dalla risoluzione del vostro schermo dovete fare clic sulle immagini, si aprirà l'immagine in una nuova finestra.

Le invento quasi tutte a tavolino,raramente di notte,anche se qualche volta è successo…io inizio quasi sempre dalla prima vignetta…e vado a vedere come posso concludere…qualche volta però ho qualche bella immagine conclusiva e allora faccio il percorso a ritroso per vedere come posso arrivarci. Si, io immagino interagire i personaggi e mi immedesimo in quello che dicono o fanno come un attore che sta recitando. Quando parto sicuro di me sul foglio,non ho mai avuto grandi risultati… si sono rivelate a distanza idee fragili… solo faticando un bel po’, spostando, invertendo,cambiando ho ottenuto risultati interessanti… e comunque dopo aver inventato una gag,la disegno a matita e la nascondo…e passo a un’altra, e via così in modo da dimenticare quello che ho realizzato.. dopo una settimana riguardo tutto.. quello che fa ridere viene inchiostrato e completato.. il resto viene cestinato.
Tot


















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giovedì, dicembre 07, 2006

 

Nirvana di Roberto Totaro


Ogni tanto occorre poggiare il libro, attendere che le risate si plachino, asciugare gli occhi e poi riprendere. Da vergognarsi un po', tanto che suggeriamo di non affrontare la lettura in pubblico: questa perdita di controllo sulla manifestazione delle emozioni non è sempre ben accolta. Nirvana di Roberto Totaro (amichevolmente "Tot") ha effetti esilaranti, come poche altre strisce in questi anni.

Nirvana nasce dalla voglia di raccontare in modo semplice. Semplificando la faticaccia grafica, senza però banalizzarla, per avere più spazio e tempo, per giocare sulla sintesi veloce con le parole. Questo è tipico nella storia e nello stile delle comic strip. Ma si può dire che stava anche nel percorso e nei desideri di Totaro. Nirvana è una strip dal vocabolario giocoso e assortito, spesso imprevedibile e paradossalmente il suo autore viene invece da una lunga strada di disegni accompagnati da parole non sue o silenziosi. Liceo artistico, una laurea con tesi sul disegno nella fantascienza, ha iniziato come garzone per un disegnatore Disney. Una prima esperienza sul mercato tedesco e poi lo sbarco in Francia, sulla rivista "Pif", otto anni, gli ultimi tre sotto la direzione di Giorgio Cavazzano. Lavorando a grandi ritmi, ma sempre e comunque su testi altrui.
Chiusa l'esperienza, con qualche dolore anche per il salvadanaio, ritorna in Italia proprio per la nascita del settimanale "Comix" diretto da Guido De Maria. Porta "I Tecnocratici", tavole silenti e alquanto complesse da realizzare, pensate all'inizio per il mercato francese (a sinistra), nelle quali appare evidente che la sua via di Damasco era addobbata con disegni di Quino e Mordillo. Poi sulla stessa rivista arriverà anche Nirvana. E a questo punto potete capire la voglia di comunicare di Tot e lo scatenamento di parole per scherzare sul mondo. Leggendo le strip troverete conferma dell'odioso enunciato secondo il quale è meglio che l'artista soffra un po', poi da il meglio.

Uno dei punti di forza della strip è la facilità di scrittura. Tot sembra percepire di tutto, come una spugna, un radar sugli abusi e le cantilene della lingua, una solenne presa in giro dei luoghi comuni. Si gioca con i vari registri e timbri linguistici, con una predilezione ovviamente per quelli ridicoli. Il poetico pomposo e pseudo-lirico del poeta maledetto (uno dei personaggi più riusciti), il burocratico, lo scientifico, il martellante commerciale, il finto disinvolto discorsivo genere "carrozza ferroviaria sfortunata". I suoi personaggi straparlano ma presi dal ruolo non comunicano, ascoltano ma non si intendono. Quasi mai si guardano in faccia. Quello che passa è il messaggio dell'autore immerso in una comicità burlona e, come vedrete, impudente.

Lo schema di base è semplice (Krazy Kat docet: topo, mattone, gatto, guardia), pronto per infinite varianti. C'è un vecchio saggio, il maestro, su una rupe piatta, si è ritirato per stare in pace a meditare (c'è molto di Hart nelle influenze sulla striscia, non solo in questo aspetto). Sotto il picco dovrebbero giungere persone in cerca di sagge parole, in realtà arriva ogni genere di rompicoglioni e provocatori, senza limiti di orario.
Il poeta maledetto che deve per forza declamare le sue poesie terrificanti. L'uomo più brutto del mondo, figura alla Lombroso sulla quale Tot infierisce senza pietà. Gli alieni provenienti dal pianeta K.L.Toll con mille curiosità, in prevalenza attinenti alla sfera sessuale umana. Rappresentanti e venditori di qualunque boiata consumistica. L'assicuratore che, come tutti sappiamo, lavora per società a delinquere legalizzate. Gli scouts che perseguono con pervicacia una loro missione, quella di salvare il maestro, assolutamente convinti che sia un rimbecillito inconsapevole del suo stato di pericolo. La 4^ elementare della Scuola "Sandro Pertini" di Alberobello, un gruppo di bambini in gita tutt'altro che deliziosi. Il bambino nevrotico, figlio di genitori in guerra tra loro, psicotico, con tutti i difetti del mondo, nemesi del cliché dei ragazzini della pubblicità televisiva. Un videoamatore in cerca di scoop (quale? Ma il momento del trapasso del maestro). Non manca l'ecologia, gli uccelli migratori che sembrano avere un unico diletto, sganciare la cacca centrando la capoccia del maestro. E poi donnine, tante e svampite, che giocano alla provocazione.
Il vecchio maestro è forse meglio di tutta questa gente? Non ci sono buoni e cattivi, solo pessimi. Si rivelerà per niente ascetico, pacato e distaccato dal mondo.
Potrebbe sembrare un mondo chiuso, due rupi, una più alta per il maestro Zen e un'altra più bassa per i visitatori. E invece Totaro si guarda intorno. È tutt'altro che autoreferenziale nel dirigere i giochi del suo teatrino. In questa scenografia surreale, su quei due pulpiti, passa il mondo, si parla di amore, sesso, ecologia, ossessioni consumistiche, fissazioni sociali, mito della bellezza, tendenze all'autodistruzione. Certo, sbeffeggiando e martellando tutto con un'ironia che arriva al midollo senza censure, ma non è un manuale di vita, è una comic strip. E le tavole più divertenti, come racconteremo in un post successivo, sono proprio quelle ritenute poco "corrette politicamente".



Come accedere a questo mondo. Si può fare una visita al sito ufficiale di Nirvana. Ma la strada migliore sono le quattro raccolte pubblicate da Comix. Suggeriamo di partire dalla prima "Nirvana - Meditazioni di fine millennio", uscita nel 1999. Ma si può partire anche da qualunque altra, saranno le risate comunque a trascinarvi i piedi verso la libreria per prenderle tutte. Sono facilmente reperibili, anche fuori dalle fumetterie, chiedendo a qualsiasi buon libraio, oppure anche in rete sul sito Comix. Le strisce compaiono inoltre nella famosa agenda Comix.


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Non avendo ancora scritto una scheda di recensione su Nirvana (questi sono i primi appunti) abbiamo pensato di proporvi questa presentazione per una ragione. Domani prosegue la serie "come nasce una striscia" con l'intervento di Tot accompagnato da una squisita e ruvida primizia. Gli schizzi delle tavole per la quinta raccolta prevista in uscita il prossimo maggio.

[le tavole di Totaro appaiono per gentile concessione di Comix, www.comix.it]

[Roberto Totaro - Nirvana Meditazioni di fine millennio - Comix, ottobre 1999
Roberto Totaro - Nirvana 2: la meditazione continua - Comix, novembre 2001
Roberto Totaro - Il Terzo Grande Libro del Nirvana - Comix, novembre 2003
Roberto Totaro - Nirvana libro quarto - Comix, novembre 2005]

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mercoledì, dicembre 06, 2006

 

Come nasce una striscia (9)

La serie "come nasce una striscia" prosegue oggi con Gabriele Montingelli, autore di Ludwig (www.lud.it), per una recensione vedi la scheda dei Ragnacci). La prima volta che ci capitò di vedere le sue tavole sfogliammo tutto di un fiato le sue strip una dietro l'altra. Non ne bucava una, tutte avevano una gag non conosciuta, una trovata, un'idea nuova. Gabriele è così, pensa sempre alla striscia perfetta, magari preferisce non disegnare tantissimo, ma è innamorato di quello che fa sino al perfezionismo. E qui ci fermiamo, anche perché non possiamo parlarne tanto bene per un conflitto di interessi. È uno dei pochi cartoonist con cui abbiamo diviso pane e vino, strade e sole. A lui la parola, i disegni e i dubbi.


Bella domanda! E altro che due righe! Mi verrebbe da rispondervi paginate di roba. Ma visto che è giusto essere concisi...
Credo che l'idea sia tutto; e l'idea, spesso, è la chiusura. In questo senso, inevitabilmente, come non accodarsi al grande Schulz? Il resto -aprire, sviluppare- è un po' un lavoro di pinza e martello che precede il fulcro della strip. Personalmente le idee, sia libere che su tema obbligato, mi vengono quando la testa può andarsene per i fatti suoi...tipico è il lungo viaggio in tram o meglio ancora la corsa in vespa per Milano, ma mi è capitato, eccome, di alzarmi dal letto per annotare qualcosa!

L'immagine che mi è sempre sembrata calzante è quella di una sorta di "occhiali virtuali" che ti fanno vedere un certo lato particolare delle situazioni della vita di tutti i giorni e che te le suddividono in quella affascinante sequenza di tre-quattro quadri che è il cuore del nostro disegnare.

Quando l'idea è arrivata inizia un po' di "mestiere" per ricamarci intorno una strip intera. Io disegno un canovaccio su una moleskine -che fa un po' cool che non guasta mai- e poi si va al definitivo: Fabriano A4 tecnico 6, matita 2H, rapidograph 0.5 e 0.8 (usa e getta ovviamente, con quelli "veri" annegavo nell'inchiostro...) e poi Photoshop, con il suo "LetterOMatic" e , qualche volta, Illustrator, fanno il resto.


Tanto per smentire subito la profonda teoria che ho appena esposto, vi invio il "making of" di una strip che va per tutt'altra strada: avevo tutto lo sviluppo e non riuscivo a decidere la conclusione...una consultazione fra amici ha partorito tre finali (frutto di sapienti copia e incolla e leggeri ritocchi, non sia mai che mi rimetto a disegnare). Si può notare che il finale deciso inizialmente nella bozza non ha visto neppure la luce...





Un saluto affettuoso e un grazie per BALLOONS!!

Gab

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martedì, dicembre 05, 2006

 

INKSPINSTER - una striscina ogni martedì



Inkspinster © Deco 2oo1 - E' vietata la riproduzione senza il consenso dell'autrice

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sabato, dicembre 02, 2006

 

Unione satira


Esce oggi il primo numero di un inserto del quotidiano "L'Unione Sarda" che si chiama "Unione Satira". Il grande foglio sarà pubblicato con regolarità ogni sabato ed è stato progettato e coordinato da Silvio Camboni (autore Disney e di importanti albi nel mercato francese, http://www.silviocamboni.com/). Nell'inserto compaiono tavole, strisce e vignette, di Barga, Salvagnini, Intini, Mastantuono, Artibani, Lele Corvi , Frago e Mazza, Bruno Olivieri e altri ancora.
Assomiglia molto alle pagine di comic strip presenti nei quotidiani americani e, come sempre, ci emoziona un po' vedere nascere queste iniziative da noi. Pensiamo che la carta dei quotidiani sia il teatro naturale per le strisce e i fumetti, tra le notizie e le informazioni, alla portata di un grande pubblico.
L'impostazione tematica del paginone è prevalentemente quella della satira, com'è tradizione nelle preferenze delle redazioni dei nostri quotidiani. Non è però satira politica, o almeno non solo quella. Spesso è satira di costume, sociale e non manca la parodia o la semplice giocosa farsa tipica delle comic strip.
L'Unione Sarda è un quotidiano locale ma con buona diffusione, tira intorno alle 60.000 copie. Guadagnare uno spazio così non è un risultato da poco. La strada per far diventare popolare il fumetto è questa. Ci auguriamo che altri giornali concorrenti seguano l'esempio e che questa e altre pagine diventino un'istituzione.
Per ora grandi complimenti al gruppo ideatore e ai loro collaboratori.

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venerdì, dicembre 01, 2006

 

Come nasce una striscia? (8)

La serie dedicata alla creazione di una striscia prosegue con Cius autore di Quiff (cius.altervista.org). Apparsa nel giugno di quest'anno la strip ci stupito per l'originalità della sceneggiatura e l'eleganza del tratto. Due i protagonisti. Quiff un simpatico essere che spunta e bazzica in un prato. Non ha braccia, non ha gambe, solo quattro ciuffi in testa ma ha tutte le espressioni del mondo e parla il linguaggio degli animali. Vermiglione è il grande amicone, è un verme con un cappello da baseball in testa e sbuca anche lui dal terreno, ma su questo siamo nella normalità, è il suo mestiere. Straniate e surreali, le tavole di Cius colpiscono anche per il delicato umorismo, la garbata poesia, i dialoghi e le riflessioni. Davvero qualcosa di non visto prima, tanto che la strip è riuscita in fretta a distinguersi nell'ormai vastissima scena dei nuovi fumetti sul web. Grandi pacche e applausi per la fantasia di un esordiente che con grande modestia si definisce un matitaro.

Dietro Cius e il suo Quiff c'è una passione immensa per il fumetto.
Inevitabile che ci racconti con una tavola la nascita di una striscia.



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